martedì 4 marzo 2014

Gratitude Jovanotti

Ho inziato a leggere Gratitude di Jovanotti. L'ho preso in biblioteca la settimana scorsa. Ci sono andato per riconsegnare altri libri, poi l'ho visto lì, in bella mostra, così l'ho portato a casa. Leggo qualche pagina alla volta, nei ritagli di tempo, tanto non e' un thriller che ti tiene legato e che non riesci a distaccartene.

Jovanotti l'ho sempre ammirato perche' agli esordi mi sembrava un invasato, una meteorite di un'estate e invece e' ancora lì, che fa dischi e libri. Poi l'ho ammirato perche' nonostante non avesse grandi doti, faceva canzoni che ti rimanevano in testa per giorni. Poi l'ho ammirato per la sua carica positiva e per i suoi viaggi. Ora lo invidio perche' vive a New York.

Gratitude racconta la sua vita e i suoi 25 anni di carriera. Li racconta con naturalezza, senza fronzoli.

All'interno ci sono anche alcune "chicche", come questa:
Ogni essere umano è il risultato di un padre e di una madre. Si può non riconoscerli, non amarli, dubitare di loro. Eppure sono lì, con il loro volto, i loro atteggiamenti, i loro modi e le loro manie, le illusioni, le speranze, la forma delle mani e delle dita dei piedi, il colore degli occhi e dei capelli, il modo di parlare, i pensieri, probabilmente l'ora della morte; ci hanno trasmesso ogni cosa.
Da "L'africano", di Jean-Marie-Gustave Le Clézio.

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